Il viaggio invisibile del Jonathan
Come un antico vascello fantasma, degno dei racconti più misteriosi del mare, il Jonathan con il suo equipaggio si è trovato nella condizione di dover percorrere per ben quattromila miglia l’intera costa brasiliana, dal confine con l’Uruguay a quello con la Guayana francese, all’oscuro dalle autorità del Paese a causa di un quasi kafkiano cavillo burocratico. Un viaggio che dunque doveva essere invisibile, ma allo stesso tempo visibile a chi incontrava lungo la rotta, per vivere al meglio le bellezze naturali e l’atmosfera magica di questo straordinario Paese.
Il racconto si intreccia in un susseguirsi di “mancati” incontri con le autorità, non senza qualche patema d’animo, e gli incontri con vari personaggi, alcuni decisamente fuori dagli schemi, nei quali immancabilmente ci si imbatte nei lunghi viaggi per mare.
Conosceremo così Shirley, navigatrice solitaria con il suo valente Speedwell of Hong Kong, salpata da Cape Town, in vagabondaggio da anni tra l’Atlantico meridionale e settentrionale inanellando miglia su miglia; l’enigmatico avventuriero Bruce, sperduto in Argentina nella Bahia de Sanblas, oramai giunto alle soglie della senilità e con davanti a sé la sola prospettiva di un sereno declino; ci si commuoverà sulla sorte della barca Tetis, che pensando d’essere tornata a correre libera per gli oceani incontrerà, invece, il suo triste destino; l’argentino Tirso, nelle cui vene probabilmente scorre più acqua di mare che sangue; oppure Francesco, un coraggioso siciliano lanciato su una barca d’epoca verso il Sud del mondo; ricompare il simpatico Roland, un personaggio presente anche in altri racconti, questa volta impegnato in un’avventura brasilegna a Fortaleza.
Come per i suoi precedenti libri, l’autore ama raccontare il suo zigzagare nell’Atlantico del Sud attraverso gli occhi e le emozioni di chi si imbatte sul suo cammino.
In appendice, le schede sintetiche, corredate da pianetti disegnati a mano, dei principali scali menzionati nei racconti.