Preparazione, tecniche e rotte di un navigatore oceanico
Cosa spinge tanti di noi a sognare la traversata di un oceano? Molte le risposte…
Decidere di traversare un oceano significa decidere di passare venti e più giorni in mare a stretto contatto con persone che possono esserci sconosciute. È durante questi giorni, quando si è circondati solo dall’orizzonte, che avviene il cambiamento: non siamo più solo appassionati di vela, ma marinai che fanno parte di un equipaggio.
Abbiamo scelto di lasciare il nostro mondo quotidiano per adattarci alle dimensioni di una barca, non importa che sia grande o piccola, in ogni caso non è un appartamento che si muove, ma un universo che si regge su regole proprie e indiscutibili, fra le tante, il rispetto di chi è a bordo con noi; una navigazione felice nasce da un equipaggio felice.
In questa realtà che non conosciamo è essenziale la ricerca di equilibrio. Prima lo si raggiunge, prima si comincia a provare quella gioia intensa che solo l’alto mare sa dare.
A volte è la dimensione “tempo” che spaventa. In mare i minuti si dilatano sino a diventare ore e il significato dei giorni sparisce. Una traversata serve soprattutto a liberarsi dalle fobie di terra: in oceano non si può e non si deve avere fretta.
Oggi è il GPS che fa il conto alla rovescia delle miglia che mancano all’arrivo; comunque, quando a prua appare quella nuvola che non si muove e poi, piano piano, sotto di essa si cominciano a scorgere i contorni dell’isola che è la nostra meta, è un momento emozionante e si è felici, ma può essere felicità velata da inquietudine. Un’inquietudine che nasce dalla consapevolezza che stiamo per abbandonare un mondo onesto dove forse è più facile vivere.